Dal nostro Andrea Montanari, “Kash’mir 1985” per chi lo conosce soltanto online, ci eravamo fatti raccontare il passaggio più delicato della sua vita professionale, ovvero quando ha deciso di lasciare un posto fisso per fare il professional poker player.
In quell’occasione però, non siamo andati troppo oltre i fatti veri e propri, limitandoci a descrivere i punti salienti che ne hanno caratterizzato l’ascesa come giocatore.
Stavolta invece approfondiremo il lato più profondo, più umano del nostro coach MTT…
La spinta giusta
“Il poker, rispetto al lavoro che svolgevo prima, mi ha aperto nuove prospettive.
Il rovescio della medaglia di un posto fisso è la mancanza di nuovi stimoli, la monotonia di una routine quotidiana sempre più uguale a se stessa.
L’ambizione di arrivare a giocare sul ‘dot com’ ai massimi livelli, la costante e continua competizione ai tavoli per migliorare e tanti altri aspetti che tutti noi pokeristi conosciamo, rendono la vita del poker player decisamente più accattivante.
L’aspetto che però ha inciso maggiormente sulla mia crescita personale è quello relativo al mindset: molti ignorano quanto mi abbia fatto crescere nella vita e non soltanto al tavolo da gioco.”
Lezioni di vita
Lo studio mentale del gioco mi ha fatto migliorare molto più in fretta di quanto la vita stessa avrebbe potuto fare. E’ un aspetto che avevo già notato sin dai primi tempi in cui cominciavo ad approcciare il gioco ed ora è ancor più evidente.
Sono tanti (e sottovalutati) i plus che il poker dà nella vita: riesce a farti aprire gli occhi sotto tanti aspetti e quanto imparato a livello di mindset può essere benissimo traslato e applicato nella quotidianità.”
Online o live?
“Cosa penso del poker live? Al momento ho giocato solo due tornei (un IPO e un IPS a Rozvadov) e in entrambe le occasioni ho sbollato il tavolo finale, roba da mettersi le mani nei capelli.
La sensazione è che i tornei live siano decisamente più battibili dell’online, ma ammetto che giocare per giorni interi e chiudere con 3/4 buy-in in tasca non è proprio gratificante.
C’è tuttavia il lato umano che compensa ampiamente questo aspetto, perché alla fine è piacevole fare una trasferta con degli amici e mettersi in gioco per davvero.“
Scelte di cuore
“Il lavoro mental che si fa per il live è totalmente diverso da quello online.
Quando si è in sessione si entra in un vortice e bisogna stare molto attenti perché si perde il filo della partita è la fine: in 20 minuti si possono giocare una ventina di spot diversi su più tavoli mentre dal vivo tutto procede molto più lentamente.
Live è importante mantenere un buon livello di concentrazione in un arco di tempo prolungato, senza farsi prendere dalla frenesia di recuperare se si perde uno spot.
I cooler vanno metabolizzati in modo diverso, potrebbero passare 40 minuti o 1 ora dallo spot successivo e non è produttivo stare a pensare per tutto quel tempo a quanto si è stati sfortunati a prendere quel 5% al river…
Da questo punto di vista l’online è terapeutico, ci sono alcuni cooler che passano totalmente inosservati per la semplice ragione che su un altro tavolo c’è già una mano che richiede la nostra concentrazione. Non c’è proprio il tempo materiale per piangersi addosso…
A livello di emozioni però il poker live non ha eguali e, anche se ne ho giocati soltanto due, quello che ho provato è stato nettamente più intenso di qualsiasi
E tu da che parte stai, online o live? Scrivicelo lasciando un commento sulla nostra Fanpage!
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